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l welfare aziendale è l’insieme di iniziative e benefit concessi dall’azienda ai suoi dipendenti in forma aggiuntiva rispetto alla normale retribuzione. Come si evince dal nome, punta a migliorare il livello di benessere del personale. Anche il datore ci guadagna, però, soprattutto in termini di deducibilità del welfare aziendale.

I vantaggi fiscali sono molteplici, tra cui la detassazione totale per i flexible benefit ed entro alcune particolari soglie per i fringe benefit. Scopri nel nostro articolo tutti i principali aspetti legati alla fiscalità del welfare aziendale, a chi conviene e il costo per l’azienda.

Chi può beneficiare del welfare aziendale?

Prima di scoprire in cosa consiste la deducibilità del welfare aziendale, è bene stabilire chi sono i beneficiari. In linea generale, possiamo dire che la platea comprende varie categorie di dipendenti, tra cui:

  • dipendenti a tempo determinato e indeterminato;
  • dipendenti a tempo pieno e part-time;
  • stagisti, apprendisti e lavoratori a progetto;
  • dipendenti che lavorano in smart working (anche totale).

Tuttavia, va detto che il welfare aziendale non è obbligatorio, salvo nel caso in cui sia inserito direttamente nei CCNL di riferimento. Per fare qualche esempio, questo è il caso di metalmeccanici, addetti alle telecomunicazioni, orafi e argentieri, agenzie marittime e altri ancora. Riassumendo, il datore di lavoro può erogare un pacchetto di benefit aziendali:

  • sulla base di un contratto nazionale o territoriale;
  • secondo un regolamento aziendale;
  • in modo volontario.

La normativa di riferimento per il welfare è contenuta nel TUIR (Testo Unico delle Imposte sul Reddito), in particolare nell’articolo 51. Nella legge si specifica cosa non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente, che come vedremo in seguito è indispensabile per capire il meccanismo della tassazione e della deducibilità del welfare aziendale. In aggiunta, viene introdotto il concetto di voucher welfare, che può dare diritto a “un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale”.

Familiari beneficiari del welfare

Ti stai chiedendo se anche la famiglia può godere dei benefit percepiti dal dipendente? La risposta è sì: con l’aggiornamento alla Legge di Stabilità 2016, l’articolo 12 del TUIR ha infatti esteso la platea di beneficiari del welfare. Oltre al dipendente, hanno diritto ai benefit i suoi familiari, ovvero:

  • coniuge (non separato), anche tramite unione civile;
  • figli naturali riconosciuti, figli adottivi e affidati;
  • genitori e, nel caso non ci siano, ascendenti prossimi;
  • fratelli e sorelle;
  • generi e nuore;
  • suoceri e suocere.

In questo modo è possibile condividere dei benefit che puntano a migliorare la qualità della vita e alleggerire le spese, come nel caso delle borse di studio per i figli o dell’assistenza ai familiari disabili. Assicurare una maggiore serenità all’interno della sfera personale aiuta il personale a trovare un migliore equilibrio tra vita privata e lavoro, con effetti positivi sulla quotidianità e sulla produttività in azienda.

Come viene tassato il welfare aziendale

Il già citato articolo 51 del TUIR ha stabilito quali sono i beni, servizi e prestazioni erogabili tramite voucher welfare dall’azienda. Per quanto riguarda la tassazione, sono soprattutto due le categorie che dobbiamo considerare: i fringe benefit e i flexible benefit.

Rientrano nel ventaglio dei fringe benefit tutti i compensi in natura che vanno ad aggiungersi allo stipendio, ad esempio i buoni shopping. Sono esenti da tassazione, ma solo entro le soglie indicate dalla Legge. Per il 2023, il limite è di 258,23 euro per i dipendenti senza figli, mentre si sale a 3000 euro per chi ha figli a carico. Quando si supera questo importo, la restante parte viene tassata regolarmente.

I flexible benefit, invece, offrono una convenienza fiscale ancora più spiccata. Questa tipologia di buoni welfare è completamente esentasse: si tratta di pacchetti vacanze, biglietti dei mezzi, corsi di formazione, abbonamento alla palestra e molto altro ancora.

Vantaggi fiscali per l’azienda

Finora abbiamo parlato della tassazione dei benefit in busta paga. Ma come funziona la deducibilità del welfare nel 2023? In sintesi, il datore di lavoro può dedurre completamente il costo dei beni e servizi dall’imponibile del reddito d’impresa, andando così a ridurre il cuneo fiscale.

C’è però una condizione di base, enunciata nell’articolo 100 del TUIR. Si stabilisce infatti che l’azienda può dedurre le spese del welfare fino al 5 per mille del totale solo nel caso in cui siano “opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”

La discriminante qui è proprio la volontarietà: nel caso in cui l’azienda offra dei benefit indicati dal contratto o da un accordo, e quindi obbligatori, la deducibilità del welfare è al 100%. Per capire meglio come funziona la deducibilità, facciamo un esempio. 

Il reddito d’impresa è normalmente soggetto a IRES (Imposta sul Reddito delle Società) al 24% e IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) al 3,9%. Se in un anno l'azienda fattura 500.000 euro, l’IRES e l’IRAP vanno calcolate su questo importo. Ma nel caso in cui siano stati corrisposti buoni welfare per 50.000 euro, allora l’imponibile tassabile diventerà 450.000 euro, con una conseguente riduzione delle tasse da pagare.

Conversione del premio di risultato in welfare aziendale

Un’altra possibilità per ottenere maggiori benefici per azienda e dipendenti la offre la conversione del premio di risultato in welfare. Chiamato anche premio di produzione o premio di produttività, è il compenso extra che il datore di lavoro eroga al personale in occasione del raggiungimento di obiettivi misurabili.

Come indicato dalla Legge di Stabilità del 2016, il premio di produzione è sottoposto a contributi INPS e a una tassazione agevolata, inizialmente fissata al 10%. Con la Legge di Bilancio 2023 l’aliquota è passata al 5%, ma sempre per i dipendenti che hanno un reddito annuale inferiore a 80.000 euro. L’imponibile massimo a cui applicare il 5% è poi salito da 3000 a 4000 euro.

Nell’eventualità in cui si scelga di intraprendere la strada della conversione del premio in welfare aziendale, si può però ottenere l’esenzione totale dalla tassazione. Così facendo si abbatte il carico fiscale, aumentando il potere d’acquisto del dipendente. 

Per approfittare della convenienza dei benefit è possibile scegliere tra le migliori piattaforme di welfare, che si occupano proprio di aiutare le aziende a somministrare un paniere ad hoc di beni e servizi. 

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Risparmio contributivo sul costo del personale

Oltre alla deducibilità del welfare aziendale, l’azienda può beneficiare di ulteriori vantaggi sul costo del personale. Abbiamo appena parlato della possibilità di convertire il premio di produzione welfare aziendale in busta paga e introdotto il beneficio della detassazione. In realtà, in questo modo si ottiene l’esenzione dai contributi INPS, INAIL e TFR, che vengono applicati sul premio di risultato.

Praticamente, nel caso in cui il datore di lavoro scelga di corrispondere 2000 euro di premio a ogni dipendente, dovrà pagare la sua parte di contributi previdenziali, ovvero circa 700 euro in più (e anche il dipendente avrà un importo ridotto nel cedolino). In caso di benefit convertiti in un voucher welfare da 2000 euro, invece, l’azienda paga solo 2000 euro. A fronte di questo grande punto a favore del welfare, ci sono poi dei casi particolari che meritano di essere approfonditi.

Welfare aziendale per singoli lavoratori

Abbiamo visto a chi spettano i benefit, ma è possibile riconoscere il welfare aziendale ad personam? No: l’articolo 51 del TUIR stabilisce che i beni e servizi concessi nell’ambito di un piano welfare debbano essere garantiti a tutti i dipendenti. Diversamente, l’azienda perde ogni tipo di vantaggio fiscale e contributivo.

Welfare aziendale per stagisti e lavoratori somministrati

Un’altra domanda che sorge spontanea a questo punto è se sia possibile riconoscere il welfare aziendale agli stagisti. Come già precedentemente anticipato, abbiamo visto che gli stagisti vengono assimilati al resto del personale e sono dunque da includere in un piano welfare.

Lo stesso vale per i lavoratori somministrati. Queste persone offrono la loro prestazione lavorativa attraverso i somministratori, ovvero le agenzie autorizzate, ma hanno comunque diritto ai benefit. L’Agenzia delle Entrate ha stabilito che, indipendentemente dal tipo di contratto, rientra a tutti gli effetti nella categoria di titolare di reddito di lavoro dipendente, come motivato nell’articolo 49 del TUIR.

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