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a scelta per la destinazione del trattamento di fine rapporto è uno dei passaggi fondamentali per ogni dipendente. Questo perché, ormai da diversi anni, contestualmente alla firma del contratto di lavoro è necessario valutare quale sia l’alternativa migliore per il proprio futuro.

 Lasciare in azienda o spostare in un fondo, questo è il dilemma: per aiutarti a prendere una decisione consapevole, abbiamo realizzato una guida pratica. Cosa conviene di più nella scelta per la destinazione del trattamento di fine rapporto? Come compilare il modulo? E qual è il rendimento previsto nelle due principali opzioni? Scopri quello che c’è da sapere sulla gestione della tua liquidazione.

La scelta per la destinazione del trattamento di fine rapporto

Il trattamento di fine rapporto è l’importo calcolato sulla retribuzione lorda annuale di ogni dipendente; viene accantonato dal datore di lavoro e corrisponde a circa una mensilità dello stipendio. A partire dal 1° gennaio 2007, ogni dipendente in Italia ha la possibilità di destinare il TFR a un fondo pensione complementare del secondo pilastro (adesione collettiva) o del terzo pilastro (adesione individuale), oppure mantenerlo in azienda, come si è sempre fatto in passato. Ciò può avvenire seguendo due modalità: in modo esplicito, ovvero attraverso una dichiarazione, oppure in modo tacito tramite silenzio-assenso.

Chi è al suo primo impiego nel settore privato deve decidere entro 6 mesi dalla firma del contratto. Compilando l’apposito modulo per la scelta della destinazione del trattamento di fine rapporto, il modello TFR2, è possibile manifestare la propria intenzione di spostarlo nella previdenza complementare. In questo scenario, non si può tornare indietro: la scelta è irrevocabile. Nel caso in cui si decida di lasciare il TFR in azienda, non c’è bisogno di fare nulla e si può cambiare idea in qualsiasi istante. 

Per chi inizia un nuovo contratto dopo averne concluso un altro, vale sempre la regola del silenzio-assenso per continuare a mantenere il TFR in azienda. Diversamente, entro 6 mesi potrà comunque rivalutare la scelta per la destinazione del TFR in una pensione complementare, anche scegliendone una diversa. Nel caso in cui non faccia nulla, proseguirà la scelta manifestata nel precedente rapporto di lavoro con il modello TFR2.

Cosa è meglio fare?

La scelta della destinazione del TFR non deve essere presa a cuor leggero. Non c’è una soluzione adatta a tutti: bisogna ponderare la propria situazione personale e le esigenze per il futuro. Tuttavia, è bene comprendere a fondo cosa comportano le due diverse strade percorribili.

TFR in azienda

Partiamo dall’opzione più comoda, ovvero lasciare il “gruzzoletto” accumulato in azienda e riceverlo poi alla fine del rapporto lavorativo. La scelta della destinazione del TFR in azienda è la meno complicata perché non bisogna fare nulla e non comporta costi aggiuntivi, ovvero le commissioni che si applicano per la previdenza complementare.

Si può accedere al capitale maturato al momento del pensionamento, così come richiedere subito il riscatto al 100% in caso di cambio di lavoro (o dopo 4 anni di disoccupazione o invalidità sopra il 66%). Nelle pensioni complementari, al contrario, bisogna aspettare di raggiungere i requisiti pensionistici e rispettare più paletti.

TFR nella previdenza complementare

Chi sceglie la destinazione del TFR in una pensione complementare ha massima libertà di decidere come investire la quota. Può anche integrare la somma con il suo budget welfare, come avviene nella soluzione di welfare aziendale Coverflex, per avere in futuro una rendita più alta.

Tra gli altri vantaggi della previdenza complementare c’è la possibilità di richiedere anticipi in questa misura:

  • fino al 75% per le spese mediche, in ogni momento;
  • fino al 75% per acquisto o ristrutturazione della prima casa, dopo 8 anni;
  • fino al 30% senza nessun particolare motivo, dopo 8 anni.

In più, la Legge italiana prevede una tassazione agevolata che varia dal 9% al 15% in base alla permanenza nel fondo, mentre sul TFR in azienda si applica l’aliquota media IRPEF degli ultimi 5 anni con una tassazione minima del 23% e massima del 43%.

Quanto rende il TFR?

Per concludere il nostro excursus sulla scelta per la destinazione del trattamento di fine rapporto, parliamo di rendimenti. Nell’eventualità in cui si scelga di lasciare il TFR in azienda, calcola che il TFR sarà poi rivalutato all’1,5% fisso, a cui si aggiunge il 75% dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo (inflazione annua).

Non possiamo invece stimare con certezza il rendimento del TFR destinato a un fondo complementare, poiché tutto dipende dall’andamento dei mercati, dall’orizzonte temporale e dalla formula scelta. Sicuramente, però, puntare su una lunga permanenza nel fondo pensione conviene di più. 

Contribuisci alla pensione complementare con Coverflex

Hai deciso per la destinazione del TFR nella previdenza complementare? Come abbiamo visto, oltre alla tassazione agevolata puoi scegliere liberamente il fondo che ti offre il migliore rendimento. Per potenziare la formula scelta, con il welfare aziendale puoi conferire i tuoi benefit proprio al fondo pensione.

Le aziende che scelgono Coverflex, una proposta all’avanguardia e fiscalmente conveniente, ricevono la Coverflex Voucher Card da distribuire al personale. Il dipendente può utilizzarla per acquistare beni e servizi in natura presso i partner convenzionati o destinare il budget welfare al fondo pensione.

Hai già fatto la tua scelta per la destinazione del TFR? Scopri come contribuire con il Welfare Coverflex e ottimizzare la tua decisione!
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