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buoni pasto sono diventati un benefit molto diffuso nel mondo del lavoro. Stanno lentamente sostituendo il servizio di mensa aziendale e sono uno strumento molto apprezzato da aziende, dipendenti, liberi professionisti e famiglie. Offrono numerosi vantaggi, sia fiscali che pratici, ma alcuni dettagli possono non risultare subito chiari. Per esempio, a chi spettano i buoni pasto? Chi ne ha diritto? L’azienda è obbligata a offrirli ai propri dipendenti? Quali sono le regole e le normative che li regolano? In questa guida cercheremo di rispondere in modo completo a tutte le tue domande, aiutandoti a capire il vero potenziale dei buoni pasto.

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Cosa sono i buoni pasto

Partiamo dalle basi: cosa sono e a cosa servono i buoni pasto? Si tratta di titoli di pagamento che vengono dati dal datore di lavoro ai dipendenti, solitamente come sostituzione del servizio di mensa. Questi voucher possono essere cartacei o elettronici e danno la possibilità di pagare i pasti nei locali convenzionati, ma anche di fare la spesa presso i supermercati partner. Si tratta di un benefit aziendale molto apprezzato da entrambe le parti e sempre più diffuso. Il buono pasto è uno strumento versatile e flessibile, che aumenta il potere d’acquisto dei dipendenti e offre vantaggi fiscali ai datori di lavoro.

Chi ha diritto ai buoni pasto

Secondo la normativa che regola i buoni pasto, questo benefit può essere erogato a chiunque svolga un’attività lavorativa con regolare contratto. Le aziende e i datori di lavoro, quindi, possono decidere di offrire i buoni pasto ai dipendenti soggetti a un contratto di lavoro regolare. Questo include dipendenti a tempo determinato o indeterminato, full-time o part-time, ma anche turnisti e stagionali, a condizione che il loro rapporto di lavoro soddisfi i requisiti previsti dalla legislazione vigente. Vediamo nel dettaglio qualche caso particolare.

Stage, tirocinio e apprendistato

Come stabilisce l’art. 1, comma 720, l. n, 234 del 2021 (Legge di Bilancio 2022), lo stage (o tirocinio) è “un percorso formativo di alternanza tra studio e lavoro, finalizzato all’orientamento e alla formazione professionale, anche per migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”. Esso può essere considerato come un rapporto di collaborazione: secondo la normativa vigente, infatti, la somma percepita dagli stagisti è qualificabile non come reddito di lavoro dipendente, ma come reddito assimilato a quello di lavoro dipendente. Per questo, il tirocinante rientra tra i soggetti che l’art. 4 D.M. n. 122 del 2017 indica come beneficiari dei buoni pasto, perché considerati come collaboratori del soggetto che li eroga.

L’apprendistato, invece, è un contratto di lavoro subordinato finalizzato alla formazione e all’occupazione giovanile, che vale come un contratto di lavoro a tempo determinato. In questo caso, quindi, valgono le regole della normativa sui buoni pasto che regalo l’erogazione degli stessi per tutti i dipendenti.

Contratto part-time

Per i dipendenti con un contratto di lavoro part-time, la questione dei buoni pasto può sollevare alcune considerazioni specifiche. Fino all’entrata in vigore del decreto MISE n. 122/2017, l’assegnazione dei meal voucher era strettamente collegata all’orario di lavoro: se veniva coperta la fascia del pranzo potevano essere erogati, altrimenti no. Ora le cose sono cambiate: i dipendenti che lavorano solo parte della giornata hanno diritto a ricevere i buoni pasto come benefit aziendale, e possono essere utilizzati non solo per il pranzo, ma anche per fare la spesa o acquistare generi alimentari nei negozi convenzionati.

Dipendenti in smart working

Con la diffusione sempre maggiore del lavoro da remoto, molte aziende hanno iniziato a offrire i buoni pasto anche ai dipendenti in smart working. Secondo la risposta all'istanza di interpello n. 123/2021 dell'Agenzia delle Entrate, il datore di lavoro può fornire buoni pasto a tutti i dipendenti, indipendentemente dal tipo di lavoro svolto. Questo vale sia per il lavoro in presenza che per lo smart working, e tali buoni pasto beneficiano di un regime di parziale esenzione fiscale ai fini dell'IRPEF (4 euro in formato cartaceo, 8 euro in formato elettronico).

Infatti, la maggior parte dei datori di lavoro decide di erogarli, per aiutare così il dipendente aumentando il suo potere d’acquisto. Inoltre, il buono pasto incoraggia le persone a esplorare città e quartieri, scoprendo bar e ristoranti nelle vicinanze e stimolando così l’economia locale.

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Quando non spettano i buoni pasto

Ora che sappiamo a chi spettano i buoni pasto, è il momento di vedere i casi in cui non sono previsti. Come accennato in precedenza, i buoni pasto possono essere forniti come servizio sostitutivo di mensa quando non c'è una mensa aziendale. Tuttavia, per beneficiare dell'esenzione fiscale, l'erogazione dei buoni pasto deve riguardare le giornate lavorative del dipendente. Ciò significa che durante le ferie o in caso di malattia, l'attribuzione dei buoni pasto non può essere considerata fiscalmente agevolata.

Secondo l'Agenzia delle Entrate, l'obiettivo del regime fiscale agevolato per i buoni pasto è quello di esentare le erogazioni ai dipendenti che soddisfano le esigenze alimentari durante l'orario di lavoro. Inoltre, l'Amministrazione finanziaria, anche quando riconosce il diritto ai buoni pasto per gli smart worker, suppone che tale prestazione sia comunque effettuata nella giornata in cui il lavoratore riceve l'assegnazione esente da imposte (fino a 4 euro al giorno per i buoni pasto cartacei e fino a 8 euro al giorno per quelli elettronici).

Aspettativa, scioperi e cassa integrazione

Entrando più nel dettaglio, è utile sapere che i buoni pasto non spettano ai dipendenti in aspettativa e a quelli che richiedono un permesso per l’intera giornata di lavoro, ma anche ai lavoratori in cassa integrazione e a chi partecipa a uno sciopero. Tuttavia, l’azienda può decidere comunque di corrispondere i buoni pasto ai dipendenti inclusi in queste categorie. Cosa succede in questo caso? I meal voucher concorrono interamente alla formazione del reddito di lavoro dipendente del beneficiario secondo l’articolo 51, comma 1, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

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