Indennità sostitutiva di preavviso

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In Italia l’interruzione di un rapporto di lavoro è soggetta a un periodo di preavviso, solitamente indicato dal CCNL di riferimento. Tuttavia, vi sono dei casi specifici in cui si rivela necessario terminare immediatamente il contratto: quando ciò avviene, diventa quasi sempre obbligatoria la cosiddetta indennità sostitutiva di preavviso. A chi spetta e come si calcola? Scopriamolo nel nostro approfondimento.

Come funziona l’indennità sostitutiva di preavviso

L’indennità sostitutiva di preavviso è una compensazione economica di natura risarcitoria prevista nel rapporto di lavoro dipendente al verificarsi di un’interruzione improvvisa del contratto. Salvo determinati casi, infatti, il nostro ordinamento non ammette licenziamento o dimissioni in tronco: è obbligatorio quindi sia per il datore di lavoro sia per il dipendente comunicare la propria intenzione di mettere fine al rapporto di lavoro con largo anticipo.

L’indennità sostitutiva di preavviso viene dunque corrisposta al dipendente in caso di licenziamento senza il dovuto rispetto delle tempistiche. L’obiettivo di questo strumento è infatti quello di garantire un periodo sufficiente per cercare un nuovo lavoro, in modo da evitare una brusca interruzione del rapporto di lavoro e dei relativi guadagni. 

Come anticipato, l’indennità sostitutiva di preavviso scatta anche quando è il dipendente a non rispettare le regole previste per le dimissioni. In questa eventualità il datore di lavoro può trattenere i compensi spettanti oppure opporsi, chiedendo al dipendente di continuare a lavorare fino alla scadenza del preavviso fissato dal contratto.

Quando spetta l’indennità sostitutiva di preavviso

Di norma sono le parti a decidere come gestire la situazione, ovvero se rispettare il preavviso o indennizzare. L’erogazione dell’indennità sostitutiva del preavviso è però obbligatoria per l’azienda se si verifica una di queste ipotesi:

  • licenziamento senza preavviso e illegittimo;
  • morte del lavoratore (l’indennità andrà corrisposta agli eredi legittimi);
  • dimissioni improvvise del dipendente per alcune casistiche particolari.

A tal proposito, le situazioni in cui il datore di lavoro è comunque tenuto a pagare i dipendenti dimissionari sono le seguenti:

  • dimissioni volontarie per giusta causa;
  • dimissioni di madri lavoratrici e padri lavoratori durante i periodi in cui il licenziamento è vietato;
  • dimissioni delle dipendenti donne per matrimonio nel periodo tra la richiesta delle pubblicazioni di nozze e l’anno successivo alla celebrazione vera e propria.

Come si calcola l’indennità sostitutiva di preavviso

Il calcolo dell’indennità sostitutiva di preavviso avviene sulla base dello stipendio del dipendente e del periodo di preavviso stabilito dalla legge, che varia secondo l’anzianità di servizio nel momento in cui si interrompe il rapporto di lavoro. A tal proposito, nella retribuzione vengono conteggiati:

  • provvigioni;
  • premi di produzione;
  • partecipazioni agli utili;
  • indennità sostitutive di mensa e di alloggio;
  • altri compensi fissi.

Sono invece esclusi dal periodo di preavviso il TFR, le ferie e le mensilità aggiuntive perché, come stabilito da una recente sentenza della Cassazione (la n. 1581 del 2023), il dipendente non ha prestato effettivamente servizio e non ha dunque diritto a un indennizzo.

Si pagano tasse e contributi sull’indennità sostitutiva di preavviso?

Un dubbio ricorrente relativo all’indennità sostitutiva di preavviso riguarda la tassazione dovuta. Secondo quanto definito dell’articolo 17 del TUIR, l’imposizione fiscale è sempre prevista. Lo stesso vale per i contributi INPS, a cui è regolarmente assoggettata la somma indennizzata.

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